Libertà di informazione, si diceva? Roba vecchia, antica, obsoleta. Ora siamo al punto che nemmeno la libertà di scelta dell'individuo (elettore?) è più rispettata.
Non mi riferisco agli attacchi personali condotti contro singoli individui dalle torrette dei cingolati giornalistici asserviti e riverenti.
No, mi riferisco agli attacchi, sempre meno subdoli, sempre meno celati e cammuffati, condotti contro il cittadino.
Ultimo esempio? L'oscuramento di
Ballarò, tanto per dirne una. Milioni di spettatori non hanno avuto voce in capitolo quando si è trattato di stabilire cosa fosse prioritario tra un programma di informazione e uno di fantaspettacolo: la tv di Stato, il governo stesso hanno deciso, nella loro funzione di guida e accompagnamento del cittadino-infante, cosa propinargli per cena. Una sorta di dieta mediatica su misura, attentamente calibrata anche in base a fattori esterni, politici e atmosferici, che possono attentare all'innocente gioia della creatura votante. Che vive in un mondo di ovatta. Protetto. Circondato. Prigioniero di una coltre di ovatta. Batuffoli di immagini, parole, su fogli di carta, ma più spesso su schermi televisivi, sono l'arsenale dell'Egoarca che con amorevole cura infila i paraocchi e i paraorecchi ogni giorno al cittadino medio.
Come quando, ad agosto, circondato da figli e nipotini, fornisce da Villa Certosa la sua versione dei fatti, offrendo come garanzia un sorriso a 54 denti che sfoggia dalla copertina di
Chi , settimanale di intrattenimento (di chi?).
Come quando, senza alcuna vergogna o pudore, blocca la conferenza stampa congiunta con il Premier spagnolo, per sciorinare un monologo di assurdità caramellate e glamour, dimentico del fatto che la stampa internazionale, la comunità internazionale, non si lasciano confondere da una berlusconismo che mescola bugia, propaganda politica, interessi privati, fascino della ricchezza, costruzione dell'immagine e manipolazione delle opinioni. Niente compromessi, niente indulgenze. Niente "sì, però...". Non c'è altrove un fondo così fangoso in cui possa serpeggiare quel velenoso pensiero che in Italia ormai ha contaminato tutto: il pensiero che in fondo Berlusconi è l'italiano. Che Berlusconi siamo noi. O che dovremmo esserlo. O almeno essere con lui. E che la società italiana debba accettare come postulato la mitologia del capo benevolo e ferito dalla cattiveria dei nemici.
In fondo non è difficile dare un nome a questi nemici. Non è necessario ricercare nemici politici, i cosiddetti avvoltoi che si preparano a succedergli (di cui si parlerà nei post seguenti). Basta guardare al recente oggetto della collera dell'Egoarca: la "Repubblica dei veleni". Che in fondo, perlomeno nell'immediato, è l'unico nemico davvero temibile, in quanto rappresenta una minaccia per l'IMMAGINE di Berlusconi.
Ecco perchè non si schioda dagli schermi, ecco perchè, senza esclusione di colpi, spalanca finestre sul suo mondo immaginario, sul suo
Paese delle meraviglie.Per cancellare, "nientificare" (Giuseppe D'Avanzo) la realtà fa un uso smodato della sua arma più temibile: il potere ideologico, egemonico e mediatico,l'accondiscendenza dei conformi (o allineati, che dir si voglia), e la pavidità dei prudenti. Con queste lame in pugno Berlusconi frammenta, polverizza ogni fatto ed evento, sostituendoli con la narrazione unidimensionale e autocelebrativa delle proprie imprese - o se, proprio proprio in quel momento l'ispirazione scarseggia, con un sempre efficacie "io non ho detto niente".
Quali imprese? Ma come non ricordare l'avanzata delle truppe di Mosca alle porte di Tbilisi, tutto merito suo, del Grande Comunicatore, che ha scongiurato una nuova guerra fredda. E che dire della firma del trattato per la limitazione delle armi nucleari? Non fosse stato per Silvio e la sua grande amicizia con Barack e Vladi, un riavvicinamento tale non sarebbe mai stato possibile. Per non parlare poi dell'Alleanza Atlantica, che deve la sua esistenza a Berlusconi, il quale ha convinto il Premier Erdogan a dare il via alla candidatura di Rasmussen.
Non è palese dunque la nostra fortuna e il mondo meraviglioso in cui viviamo grazie a Lui? Nel mondo di Berlusconi non c'è crisi, nè recessione, nè sfiducia. Regna la pace sociale, non esistono disgrazie. Perfino i disastri si trasformano in opportunità, grazie al suo genio, e ora i terremotati dell'Aquila sono felici perchè "molti sono partiti in crociera e altri sono ospitati in costiera e sono tutti contenti".
Un delirio di potenza. Un'iperpresenza televisiva (Ilvio Diamanti), aggressiva e feroce. Solo contro tutti. O meglio, contro chi è rimasti in piedi.
Conta sull'effetto seriale, l'assuefazione ad un format con regolare ripetizione, assecondando allo stesso tempo il suo individualismo espressivo.
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Così giunge la sera del 15 settembre, una parata come altre, pare, in cui gli spettatori, come bravi soldatini, tutti, sono chiamati ad applaudire il "miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni", che si esibisce per loro in una magistrale acrobazia di sfruttamento del dolore.
"Si ha un bel dire - scrive Curzio Maltese . che ci vuole prudenza nell'adoperare certe parole, ma queste cose si vedono soltanto nei regimi. Più spesso alla fine dei regimi, quando l'egemone è parecchio in là con gli anni e con l'incontinenza egolatrica".
L'informazione addomesticata, l'agonia di una democrazia (LeMonde), lo spazio pubblico imbavagliato e ridotto ad un megafono governativo. Commenti troppo negativi?
Ma come altro definire lo spettacolo raccapricciante di quella sera? Tre ore di spot governativo, di monologo autocelebrativo intervallato solo dalle esclamazioni dell'ossequioso ospite "Ma è un miracolo!".
Senza un briciolo di vergogna per aver USATO i terremotati e la loro tragedia per assicurarsi lo scudo delle reti unificate, per non dover subire alcun tipo di contradditorio, diretto o indiretto, durante il pestaggio di Repubblica e dei suoi giornalisti delinquenti che continuano a fare domande.
E senza contare il fatto che non ha poi tanto senso attaccare la stampa indipendente al cospetto di una platea televisiva (gli infanti nell'ovatta, ricordate?) che poco o nulla sa delle inchieste di Repubblica, degli scandali del Premier, del discredito internazionale che circonda Berlusconi,...
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Proprio così. Oltre che brutta e priva di una qualsiasi struttura che le desse organicità, la trasmissione risultava in molti momenti incomprensibile. Berlusconi infatti ormai da mesi ha sostituito la strategia del silenzio con quella della reazione, difendendosi e attaccando su fatti di cui lo spettatore medio (quello di Porta a Porta, per intenderci) non sa proprio nulla. Quale telegiornale infatti ha mai letto le famose 10 domande di Repubblica, ormai recitate come un rosario dai presentatori di mezzo mondo? Scrive ancora Curzio Maltese, il 16 settembre "si immagini lo sconcerto dello spettatore medio di Porta a Porta, fascia anziana, bassa scolarità, poca consuetudine con la carta stampata, che osserva il premier gonfio di rancore e si volta per chiedere lumi alla signora: 'Ma con chi ce l'ha? Che è successo?'."
Ecco, è diventata una specie di tv surreale, di presentazione di reazioni, senza che si sentisse mai il bisogno anche solo di menzionare i fatti.
Eppure...
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Eppure proprio nel momento in cui si scatena la strategia d'autunno, al culmine dell'azione, il Grande Comunicatore scopre di aver perso un po' della sua magia. L'Italia volta la testa dall'altra parte, l'indice degli ascolti lo sbeffeggia presentando una percentuale da fame, sufficiente per cassare un qualsiasi altro programma trasmesso sulla RAI, figuriamoci in Mediaset.
Che cosa può aver portato a questo?
Che sia il fastidio, la ripulsa di questo individualismo espressivo imposto, perchè quando è troppo è troppo?
Che sia la patologia del rumore, che finalmente è giunta alla sua seconda fase (quella che se per farsi sentire tra le polemiche bisogna gridare più forte alla fine si corre il rischio che tutti diventino sordi)?
Immagino che sia improbabile poter rispondere a questa domanda, e che forse un caso solo, per quanto eclatante, non possa davvero rappresentare niente.
Certo è che nessuno meglio di Berlusconi sa che si vota anche (soprattutto) con il telecomando. E sta di fatto che questa volta gli italiani hanno cambiato canale in massa.